Articoli di Automotive | Pagina 89 di 95 | Vehicle CuE | Close-up Engineering

2022-06-18 15:48:08 By : Ms. Alisan Wang

La sovralimentazione di un motore endotermico è l’introduzione della carica (miscela di combustibile-comburente), compressa esternamente ai cilindri, con lo scopo di aumentarne la quantità elaborata.

Dal libro G.Ferrari, Motori a combustione interna:

“Si definisce sovralimentazione l’operazione mediante la quale si precomprime l’intera (od una parte della) carica fresca al di fuori del cilindro di lavoro, con lo scopo di aumentare la massa di aria o miscela che un motore riesce ad aspirare per ogni ciclo”

Nei motori a combustione interna la quantità di combustibile ed aria che viene introdotta nei cilindri è limitata, infatti negli aspirati è con il movimento del pistone che si permette l’ingresso della miscela; per superar questo, si utilizza la pratica della sovralimentazione che immette la carica nei cilindri ad una pressione superiore a quella atmosferica, aumenta la sua densità e ciò consente di bruciare una maggiore quantità di combustibile, ottenere un incremento della potenza specifica ed un miglioramento del rapporto peso/potenza di un dato motore.

Correliamo il grado di sovralimentazione alla portata d’aria elaborata dal motore per capire da dove si origina l’aumento di potenza nei motori sovralimentati.                                   La portata d’aria in ingresso al condotto d’aspirazione risulta direttamente proporzionale alla pressione a monte del condotto (Po) ed inversamente proporzionale (sotto radice) alla temperatura(To) a monte dello stesso.                                                           Aumentando Po e non eccessivamente la To la portata d’aria aumenterà e quindi aumenterà di conseguenza la potenza; più efficiente sarà il sistema di compressione e più bassa sarà la temperatura a pari pressione finale.                                                             Osserviamo la seguente relazione tra la portata massica di un motore aspirato e di uno sovralimentato che rappresenta quindi una relazione tra le potenze:

Siano PR il pressure ratio(P2/P1:pressione alla fine della compressione/pressione inizio compressione),  il rendimento del compressore, K il rapporto tra cp e cv; al diminuire di cala il rapporto tra le due portate e quindi si riduce l’efficacia della sovralimentazione. Utilizzando un intercooler (uno scambiatore di calore che serve ad abbassare la temperatura della carica compressa) aumenta l’efficienza della sovralimentazione ed ho una minore produzione di NOx che dipende dai picchi di temperatura in camera.

I sistemi di sovralimentazione più diffusi in campo automotive sono la:

Il motore ed il compressore sono collegati mediante un dispositivo come una cinghia, una serie d’ingranaggi o un motore elettrico; solitamente si utilizza un compressore volumetrico che ad ogni giro del motore elabora un volume fisso d’aria.                                               Il compressore non determina la pressione di sovralimentazione ma la subisce, poiché essa dipende dal rapporto di trasmissione(tra motore e compressore), dalla cilindrata del compressore e del motore ed è quindi dettata dalle condizioni del sistema.

La sovralimentazione avviene mediante un turbogruppo costituito da una turbina ed un compressore montati sullo stesso asse; in turbina espando i gas di scarico producendo lavoro per azionare il compressore, esso, trascinato in rotazione dalla turbina, comprime l’aria e la immette nel collettore d’aspirazione, fornendo ai cilindri una quantità d’aria maggiore di quanta ne potrebbero aspirare.

Si utilizza un compressore volumetrico collegato al motore ed uno centrifugo trascinato dalla turbina, quindi è una soluzione mista tra le due precedenti.

Questo sistema è costituito da un turbocompressore ed una seconda turbina collegata all’albero motore; i gas di scarico si espandono in quest’ultima e restituiscono energia al motore. Tale turbina essendo accoppiata al motore deve avere una velocità di rotazione moderata e quindi per generare lavoro, deve essere di maggiori dimensioni.

La sovralimentazione influenza oltre all’intera architettura del motore anche i suoi rendimenti:

Rendimento organico (ci dice quanto è il peso relativo agli attriti,ηo):

In seguito alla sovralimentazione con turbocompressore si ha un aumento di pressione nei cilindri, ciò implica maggiori sollecitazioni sul manovellismo di spinta e un incremento dell’fmep(pressione media di attrito); crescendo però notevolmente l’imep(pressione media indicata), l’fmep assume un peso relativo minore e quindi aumenta il rendimento organico(perché espresso come :ηo = 1-fmep/imep ).

Rendimento di ciclo indicato(ηci) e rendimento termodinamico(ηth):

Il primo tiene conto della non idealità del ciclo termodinamico, il secondo, rappresenta il rendimento con cui il motore sfrutta il calore prodotto attraverso un ciclo termodinamico considerato perfetto.                                                                                                 Con la sovralimentazione si ottengono maggiori temperature nella camera di combustione, ciò aumenta il rischio di detonazione nei motori ad accensione comandata, le sollecitazioni sui componenti e perciò non posso aumentare pressione e temperatura a dismisura; passando da un motore aspirato ad uno sovralimentato per non incorrere nei fenomeni prima citati, si riduce il rapporto di compressione(=> <ηth ) e anticipo accensione (=> <ηci) ottenendo una riduzione di pressione e temperatura massime in camera, perciò il prodotto tra i due rendimenti cala.

Ci indica quanto è efficiente il motore nel ricambio della carica; maggiore è l’energia spesa nel pompaggio, minore è il rendimento di pompaggio.                                                       Se con la sovralimentazione riesco ad ottenere che il valore medio della pressione della carica aspirata sia maggiore di quello della pressione allo scarico, è la pressione in aspirazione che compie lavoro sul pistone e si fornisce lavoro positivo nel pompaggio.   Nella sovralimentazione volumetrica questo si ottiene più facilmente(rispetto alla sovralimentazione con turbogruppo) poiché non ho nessuna ostruzione allo scarico costituita dalla turbina; con il turbocompressore posso avere il rendimento di pompaggio > 1 per alcuni regimi, mentre in altri, dove la turbina costituisce una sorta di “tappo”, la contropressione allo scarico cresce notevolmente e crolla ηp.

Rendimento di combustione(è un’indicazione sull’efficienza della combustione,ηc):

Aumentando la pressione di aspirazione, aumenta la velocità d’ingresso dell’aria in camera e quindi aumenta la turbolenza(=> >ηc); nei motori ad accensione spontanea aumentando la massa d’aria elaborata posso utilizzare dosature più magre e ridurre la fumosità; nei benzina per abbassare le temperature alte dovute alla sovralimentazione, uso miscele molto ricche e ηc crolla perché parte del combustibile non viene usato per la combustione.

È indicato come il rapporto tra il calore(Qth) ottenuto in una trasformazione ideale fratto quello ottenuto dalla combustione reale.                                                                     Nella sovralimentazione diminuendo il calore perso per trasferimento alle pareti del motore, aumenta il numeratore del rendimento e quindi esso stesso aumenta.

Abbiamo visto come la sovralimentazione abbia innumerevoli effetti sulle componenti di un motore, quindi la sua utilizzazione necessita una profonda conoscenza fluidodinamica e strutturale del problema ed anche un’ elevata padronanza nella gestione e controllo dei sistemi che garantiscono tale pratica, perciò non può essere affidata a tecnici poco esperti.

Ingegnere Meccanico appassionato di tutto ciò che riguarda la meccanica dei veicoli; attualmente frequenta la magistrale in Ingegneria del veicolo.

In un motore a combustione interna la spinta viene fornita solo al di sopra di un certo regime di rotazione (di minimo funzionamento), in cui il motore produce energia sufficiente solo al suo sostentamento; nasce quindi la necessità d’interporre un organo che provveda ad interrompere la trasmissione del moto tra propulsore e ruote, per consentire di fermare un veicolo senza dover arrestare il propulsore (per poi riavviarlo alla partenza) e che consenta un trasferimento della coppia in modo graduale.

La frizione, connettendo due alberi che ruotano a velocità diversa, permette la trasmissione del moto rotatorio (figura C) avvalendosi dell’attrito (la “frizione” tra dischi appunto, da cui ne deriva il nome) e il suo innesto o disinnesto sono realizzati per via meccanica, idraulica, pneumatica o elettrica.

Nell’automobile, la frizione è inserita nella trasmissione tra il motore ed il cambio, permette il momentaneo disinserimento della coppia motrice consentendo la selezione di un opportuno rapporto del cambio (figura A) e disconnette le ruote dal motore quando il veicolo non è in moto, mantenendo in rotazione l’albero motore; senza la frizione non si riuscirebbe a trasmettere in maniera graduale la coppia generata dal propulsore alle ruote, quindi è una sorta di collegamento tra motore e ruote.

La frizione risulta, in maniera semplificata, costituita dal volano (collegato ad una estremità dell’albero motore e ruota solidale con esso) e dal disco della frizione (che si posiziona tra volano e spingidisco); entrambi realizzati in un materiale che garantisce un’elevata forza d’attrito superficiale e lo spingidisco che preme il disco della frizione sul volano.

Le frizioni possono essere a secco, se collocate in un ambiente isolato o in parte esposto all’aria (riducendo così le perdite energetiche derivanti dall’attrito viscoso e dal movimento dell’olio) o a bagno d’olio, se l’elemento di attrito è posizionato in un fluido refrigerante e lubrificante (per migliorarne durata e resistenza alle sollecitazioni).

Le frizioni più utilizzate in ambito automobilistico sono quelle a disco.

La coppia generata dal motore viene trasmessa al cambio sfruttando l’attrito che si sviluppa tra due (o più, nel caso di frizioni multidisco) superfici, una solidale all’albero motore e l’altra all’albero d’ingresso del cambio, premute tra loro mediante molle. Il disco della frizione è posizionato tra il volano (collegato a sua volta con il motore mediante l’albero a gomiti) e lo spingidisco, ed è accoppiato all’albero primario del cambio.

Premendo il pedale della frizione, si spinge il cuscinetto reggispinta sulle alette della molla a diaframma dello spingidisco che spostano indietro il disco dello spingidisco. Lo spingidisco, essendo collegato al volano, è in rotazione (quando il propulsore è in funzione), ma la frizione in questo momento non fa più attrito sullo spingidisco e rallenta, scollegando così il cambio dal motore e permettendo l’innesto della marcia (in questa fase l’albero motore e l’albero condotto del cambio sono scollegati). Rilasciando il pedale, si riottiene il contatto: per l’attrito che si genera tra le diverse superfici si giunge alla stessa velocità di rotazione e si trasmette un momento angolare dal motore al cambio.

Il momento trasmissibile dalla frizione si ottiene dalla seguente formula (semplificata):

Mf = rm*Fm*f  , con rm: raggio medio della corona circolare di contatto, Fm: il precarico della molla, f: il coefficiente di attrito tra i dischi di frizione.

Se si utilizzano più dischi di frizione si ottiene quella che viene definita frizione multidisco che funziona come la precedente, ma avendo aumentato il numero delle superfici di contatto consente di trasmettere un momento maggiore.

La frizione risulta di fondamentale importanza per la trasmissione del moto dal propulsore alle ruote: oggi si presenta complessa ed articolata e si trova in innumerevoli conformazioni. È un esempio di come l’attrito usato in maniera ingegnosa, non sia sempre una cosa negativa, bensì di fondamentale importanza.

Ingegnere Meccanico appassionato di tutto ciò che riguarda la meccanica dei veicoli; attualmente frequenta la magistrale in Ingegneria del veicolo.

Ecco il primo articolo, introduttivo, sull’Ingegneria Meccanica. Cominciamo con una semplice ed accademica definizione, che possa permettere di inquadrare bene questa branca dell’ingegneria: l’ Ingegneria Meccanica è quel ramo dell’ingegneria che applica i principi della fisica per lo studio, la progettazione, la produzione e la manutenzione dei sistemi meccanici. E’ bene ricordare che questa è una delle discipline ingegneristiche più antiche e con maggiori ambiti di applicazione.

In merito alla precedente definizione, qualcuno potrebbe obiettare che ogni ingegneria, in realtà, studia le applicazioni pratiche della fisica. Questo è vero, ma in base al tipo di applicazioni ed, in particolare, ai rami della fisica trattati, si ha la diversificazione di questa disciplina nelle varie branche. In modo non proprio ortodosso, potremmo affermare che la meccanica si occupa della “manipolazione” della materia, sia essa solida, liquida o gassosa, col fine ultimo di convertire energia in lavoro e viceversa.

L’ingegnere meccanico potrebbe, quindi, essere identificato in colui il quale si occupa dell’aspetto strutturale dei componenti meccanici (materia solida) oppure in quello specialista che studia e modella il comportamento fluidodinamico/energetico delle macchine stesse (materia liquida/gassosa). Questo per spiegare il richiamo precedente agli stati della materia. Tuttavia, un ingegnere meccanico potrebbe occuparsi anche dell’organizzazione e produzione industriale, in senso lato.

Spesso capita di sentire che l’ingegnere meccanico è “l’ingegnere delle macchine”. Questo è assolutamente vero, laddove il termine macchina sia usato in modo corretto e non restrittivo. Comunemente il termine macchina indica, per antonomasia, l’automobile; tuttavia, “macchine” sono tutti i dispositivi in grado di trasformare l’energia meccanica in un’altra forma di energia (macchine motrici: ad esempio una turbina idraulica, che trasforma in energia meccanica l’energia del fluido elaborato) o energia meccanica in lavoro (macchine operatrici: le pompe, i compressori, i ventilatori, ad esempio, trasferiscono energia al fluido elaborato a spese di lavoro meccanico).

Questo è, in estrema sintesi, il mondo ricco di fascino dell’Ingegneria Meccanica.

Il tracciato di 10 chilometri nella Svizzera del nord ha messo a dura prova le capacità di traino della compatta #discoverysport. Nonostante il traino massimo certificato sia di 2.500 kg (2,5 tonnellate), la #discoverysport è riuscita a trainare 58 volte il proprio peso, spinta da un propulsore diesel Ingenium da 180 CV, con una coppia di 430 Nm. In questa occasione la #discoverysport si è avvalsa inoltre della suite di tecnologie Land Rover di traino e trazione, come il Terrain Response, il Tow Assist, il Tow Hitch Assist e l’All Terrain Progress Control – un intero sistema off-road di guida semiautonoma di gestione del motore e dei freni.

La prova di traino è stata progettata dagli ingegneri Land Rover per mettere in evidenza tutta la potenza e le capacità della #discoverysport e fa eco ad un’ impresa simile, compiuta nel 1989 dalla Discovery I in occasione del suo lancio.

Karl Richards, Lead Engineer for Stability Control Systems di Jaguar Land Rover, commenta: “Il traino è nel DNA Land Rover e la #discoverysport non fa eccezione. Nel corso degli anni abbiamo introdotto innovative tecnologie di traino, in grado di eliminare lo stress del cliente impegnato in tale operazione. Ho passato buona parte della mia carriera nelle zone più aspre della terra per mettere alla prova le Land Rover nelle condizioni più severe; eppure questo è stato il test di traino più estremo che io abbia mai portato a termine.”

 La trasmissione del veicolo è rimasta invariata, con l’unica modifica rappresentata dall’aggiunta di ruote ferroviarie che agivano da “stabilizzatori”, installate dagli specialisti dell’ “Aquarius Railroad Technologies”. A differenza della prova di traino affrontata dalla Discovery nel 1989, la #discoverysport ha trainato senza l’aiuto delle marce ridotte, con la necessaria trazione garantita dall’avanzatissima trasmissione automatica a 9 rapporti e dalla tecnologia del Terrain Response. Durante il traino è stato inoltre inserito, con la pressione di un pulsante, il sistema Land Rover All Terrain Progress Control (ATPC), per ottimizzare la trazione alla velocità predeterminata. Come un “Cruise Control a bassa velocità”,  l’ATPC consente al pilota di concentrarsi sulla strada o – nel caso della ferrovia – sul tracciato dei binari.

La prova di traino è stata effettuata sui 10 km di strada ferrata della Museumsbahn Stein am Rhein in Svizzera, che attraversa il Reno sullo spettacolare ponte di Hemishofen – una storica struttura in acciaio di circa 300 metri, protesa sulla vallata ad un’altezza di 25 metri.

Land Rover vanta una lunga tradizione di conversioni per transito su binari, dai giorni delle Land Rover Serie II e IIA ai vari modelli Defender, modificati per effettuare la manutenzione delle ferrovie, al lancio della Discovery I nel 1989. Allora una Discovery convertita trainò una serie di vagoni a Plymouth per dimostrare le capacità del nuovo diesel 200T.

Aquarius Railroad Technologies, specialista britannico in conversioni “road to rail”, ha installato le ruote ferroviarie sulla #discoverysport, – per tutto il resto strettamente di serie -. Il Managing Director James Platt, aggiunge: “Per un veicolo di queste dimensioni il traino di una massa di oltre 100 tonnellate rappresenta una chiara dimostrazione di integrità ingegneristica.  Nessun tipo di modifica del sistema di trazione/trasmissione si è reso necessario e durante i test la #discoverysport ha generato una trazione superiore a quella del Defender in versione strada/ferrovia, il che è veramente notevole.”

La #discoverysport, il primo modello della nuova famiglia di Land Rover Discovery, ha conquistato sin dal lancio le 5 stelle Euro NCAP. Dal primo giorno di vendita, nel dicembre 2014, sono state vendute oltre 123.300 #discoverysport, che è stata anche il best seller Land Rover nel mese di maggio, con ben 10.075 unità vendute.

Le capacità della #discoverysport vengono potenziate dal lancio dell’All Terrain Progress Control (ATPC). Questo è un sistema avanzato che consente a chi guida di stabilire e mantenere una velocità costante in off-road. L’ATPC, sviluppato dai famosi specialisti all-terrain di Land Rover, funziona come un Cruise Control che opera fra i 2 ed i 30 km/h. L’ATPC offre inoltre la funzione dedicata “Launch”, che permette partenze facili e progressive anche su superfici a scarsa aderenza come ghiaccio, neve o erba bagnata.

L’avanzatissimo diesel Ingenium da 2.0 litri di Jaguar Land Rover rende la #discoverysport uno dei più efficienti #suv Premium compatti del mondo.

Il diesel Euro 6 è disponibile in due versioni – da 150 e 180 cv – con consumi ed emissioni di CO2 a partire rispettivamente da 4,9 l/100km e 129 g/km. Il potente propulsore da 180 CV consente una velocità massima di 188 km/h e accelera il veicolo da 0 a 100 km/h in soli 8,9 secondi*.

È disponibile inoltre un quattro cilindri turbo a benzina. Il 2.0 litri a benzina da 240 CV ad iniezione diretta offre i livelli prestazionali di un sei cilindri ma con ingombri e pesi inferiori, ed emissioni di CO2 ridotte del 20 % in confronto a motori di pari potenza e cilindrata superiore.

Tutte le versioni equipaggiate con trasmissione automatica montano i paddle sul volante, che consentono di selezionare manualmente i singoli rapporti per un miglior controllo durante il traino, nel fuoristrada impegnativo e per una guida dinamica su asfalto.

La #discoverysport è venduta in oltre 170 mercati, e prodotta nel pluripremiato stabilimento Jaguar Land Rover di Halewood, nel Regno Unito.

Nel corso degli anni, BMW M ha continuamente raffinato la sua vettura iconica attraverso cinque generazioni di modelli, sempre mantenendo il carattere originale della M3. E’ difficile che un’altra auto possa unire distintivi geni corsaioli con una vocazione per l’uso quotidiano in un concetto così emozionante.

Nel 2015, la Citroën C3max ha conquistato il titolo di Campione Italiano Classe fino a 1.8 turbo benzina con Massimo Arduini nel Campionato Italiano Turismo Endurance.

Sostieni il nostro progetto e avrai la possibilità di:

I contenuti di questo sito possono essere riprodotti, distribuiti, comunicati, esposti, rappresentati e modificati esclusivamente riportando la fonte e l’URL